Museo Diocesano di Sarzana

In epoca medievale Sarzana fu centro di primaria importanza, connotandosi come l’erede naturale della città di Luni, dalla quale, ormai decadente, nel 1204 venne trasferita la sede vescovile. Ad oggi è, come in passato, una città di confine, sorta in posizione geograficamente strategica, all’incrocio di importanti vie di comunicazione che collegano Liguria, Toscana ed Emilia. Il Museo Diocesano di Sarzana, allestito all’interno dell’antico Oratorio della Misericordia sede dell’omonima Confraternita, è situato nei pressi della Cittadella rinascimentale, nell’area più antica della città. Il museo nasce dalla volontà di custodire e valorizzare il consistente patrimonio artistico presente nelle chiese cittadine e nelle località limitrofe, al fine di rendere omaggio alla lunga storia della Diocesi e alle peculiarità del territorio su cui è disegnata. Il percorso museale si articola tra la chiesa e gli ambienti annessi, un tempo utilizzati come sacrestie e locali di deposito ed espone dipinti, sculture, argenterie e tessuti antichi, in un itinerario cronologico e tipologico che mette in evidenza la straordinaria qualità delle opere destinate al culto e alla devozione, nelle quali si rispecchia la storia religiosa della città e della Diocesi della Spezia – Sarzana – Brugnato.


Primo Reliquiario del Preziosissimo Sangue

Ambito copto-siriaco

sec. VIII

Reliquiario ad arca in argento traforato


Tra le argenterie liturgiche appartenenti al Tesoro della Chiesa di Santa Maria Assunta, già cattedrale dell’antica diocesi di Luni – Sarzana, il museo conserva un reliquiario ad arca, raro esemplare in lamina di argento traforata, databile all’VIII secolo ed attribuito all’ambito copto-siriaco. L’oggetto di per sé straordinario per provenienza e datazione, è un testimone fondamentale dell’antichissima devozione all’insigne Reliquia del Preziosissimo Sangue di Gesù. Il reliquiario dalla caratteristica forma ad arca, è stato infatti il primo contenitore per la Preziosa Reliquia e giunse, via mare all’antica città di Luni, secondo la pia tradizione su di una piccola imbarcazione senza nocchiero. Il reliquiario venne trasferito da Luni a Sarzana nel 1204 all’indomani dello spostamento della sede vescovile, e di conseguenza della Cattedrale. La preziosa teca conservò l’insigne Reliquia fino al 1615, quando venne sostituita con un modello ad ostensorio, più adatto alla pubblica venerazione e al trasporto in processione.  


La Flagellazione di Cristo

Pietro Galleano (attr.)

XVIII secolo

Legno scolpito e dipinto


La cassa processionale raffigurante la Flagellazione di Cristo è stata a lungo conservata presso l’Oratorio di San Gerolamo, sito nei pressi della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Attribuita sulla base di evidenti affinità stilistiche alla bottega del grande scultore ligure, Anton Maria Maragliano, è stata recentemente ricondotta all’operato di uno dei suoi allievi, Pietro Galleano (Genova 1687-1761), considerato da alcuni critici il migliore tra gli allievi del grande maestro. L’imponente cassa processionale, interessante esempio di statuaria barocca, è una tangibile testimonianza delle pratiche devozionali itineranti che nella storia delle confraternite liguri hanno rivestito un ruolo di grande importanza. Il gruppo scultoreo si articola intorno al Cristo alla colonna, le statue dei suoi aguzzini lo attorniano esprimendo attraverso una marcata gestualità la forza del loro sentimento, creando quasi un vortice di sguardi e gesti, che catalizza l’attenzione dello spettatore. La base, da cui si ergono le figure, è caratterizzata dalla presenza dei quattro fori posti agli angoli, su due lati, destinati ad alloggiare i pali che la trasformavano in una portantina a spalla.


Ternario Calandrini (Dalmatica, Pianeta, Tonacella, Stola, Manipoli, Borsa)

Manifattura fiorentina

ultimo quarto del XV secolo

Seta e filati metallici in argento dorato


Tra le opere esposte, spiccano per quantità e qualità, quelle appartenenti al Tesoro della Cattedrale dell’antica Diocesi di Luni-Sarzana, la Chiesa di Santa Maria Assunta in Sarzana. Tra queste, oltre ad oreficerie di straordinario pregio è esposto, in una sala ad esso dedicata, il Ternario Calandrini. Si tratta di un parato liturgico composto da tre elementi distinti: una pianeta, ad uso del celebrante, una dalmatica e una tonacella, ad uso rispettivamente del diacono e del suddiacono, ed alcuni annessi quali borsa, stola e manipolo. Il parato venne donato dal Cardinale Filippo Calandrini, fratello per parte di madre del Pontefice Niccolò V, forse in occasione dell’inaugurazione della cappella di famiglia (1460). Il Calandrini, aulico mecenate, dotò la propria cappella di un corredo liturgico di altissima qualità, come ci appare chiaramente da un inventario datato 1505, nel quale sono elencati, oltre al nostro, numerosi paramenti realizzati in tessuti preziosi. Per la qualità dei materiali scelti (seta e filati metallici in argento dorato), per la complessità e raffinatezza del velluto utilizzato, questo parato può essere annoverato tra i più alti esempi della produzione tessile italiana nella seconda metà del ‘400.


La Vestizione di Santa Chiara

Domenico Fiasella

1648

Olio su tela


Nel dipinto Vestizione di Santa Chiara del pittore sarzanese Domenico Fiasella, la scena rappresentata al centro raffigura il momento successivo alla tonsura di Santa Chiara, quando San Francesco, dopo averle fatto indossare il saio francescano, la sta benedicendo. In primo piano nella penombra è visibile un paggio, vestito alla maniera seicentesca, che regge un piatto con i lunghi boccoli biondi della santa. Di matrice caravaggesca è il fascio di luce che scende dall’alto in diagonale e colpisce la pala d’altare con l’Immacolata. L’opera venne realizzata dal Fiasella in età avanzata, in un momento di intensa attività di bottega, per l’altare maggiore della Chiesa del Monastero delle Clarisse di Sarzana (andato distrutto), come omaggio alla sorella Deodata, suora in quel convento. Particolare inoltre è la presenza in alto a destra tra gli astanti dell’autoritratto dell’artista, inserito come affettuoso omaggio alla sorella.


Crocifisso o Croce Brayda

Leonardo Bistolfi (1859 – 1933)

inizi XX secolo

Bronzo e legno


Il Crocifisso esposto in museo fa parte di una numerosa serie di bassorilievi di ridotte dimensioni, prodotti da Bistolfi dopo il grande successo ottenuto dalla realizzazione dell’apparato scultoreo della Tomba Brayda a Villarbasse (TO) nel 1901. L’opera fu di particolare importanza all’intero della produzione funeraria dell’artista, in quanto egli si dedicò solo in rare occasioni alle rappresentazioni iconografiche di tradizione cristiana. La figura del Cristo è il risultato della personale interpretazione dell’artista stesso, che nel modellato raffinato restituisce, attraverso un effetto luministico fatto di contorni netti, una visione consolatrice di un Cristo non più sofferente ma già pronto alla Resurrezione. Il tema del ritorno alla vita dopo la morte viene ripreso dai numerosi fiori disposti attorno ai piedi del Cristo.


Annunciazione

Bottega Pisana (Lupo di Francesco)

seconda metà del XIV secolo

Marmo di Carrara


Le due statue in marmo raffiguranti l’Angelo Gabriele che annuncia a Maria di Nazaret l’incarnazione del Figlio di Dio, fino al 1958 erano collocate all’ingresso dell’Oratorio della Misericordia, oggi Museo Diocesano, poste ai lati della lunetta che sovrasta il portale d’accesso. Successivamente furono portate presso la Pieve di Sant’Andrea, sempre in Sarzana. Solo all’inizio degli anni 2000 vennero riportate nell’attuale collocazione in occasione dell’allestimento del museo. La provenienza originaria è tuttavia, ad oggi, sconosciuta. Stilisticamente possono essere riferite all’ambito pisano ed in particolare alla produzione di un allievo di Giovanni Pisano, Lupo di Francesco, scultore attivo nel fervido cantiere del Camposanto di Pisa nei primi decenni del XIV secolo.  La resa caratteristica della torsione del collo, l’ovale allungato dei volti e l’imponente verticalità delle figure riconducono proprio ai modi di Lupo di Francesco ed in particolare alle statue realizzate dallo scultore per l’edicola nella facciata del camposanto di Pisa. Le sculture che formano il gruppo dell’Annunciazione sarzanese sono ormai totalmente prive della cromia che certamente le aveva caratterizzate in passato e purtroppo hanno perso l’effetto di morbidezza che l’alternarsi dei colori conferiva loro sottolineando le pieghe del modellato.



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